Per due anni un gruppo di infermieri che da diverso tempo opera in unità spinali e centri di riabilitazione in Italia, si è incontrato periodicamente e ha lavorato, con il supporto incondizionato di Wellspect HealthCare, ad un documento sulle buone pratiche per l‘infermiere nella presa in carico della persona che necessita di cateterismo intermittente.
Giuseppina Gibertini lavora all’AOU Città della Salute e della Scienza di Torino , Catia Baroni, presso l’Azienda Ospedaliera S. Maria della Misericordia di Perugia, Roberta Brentegani, presso l’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona), Luciana Colangiulo, presso l’Istituto Scientifico di Cassano delle Murge (BA), Fondazione Salvatore Maugeri, Vincenzo De Nisi, presso Ospedali Riuniti di Ancona, Carlo Genova lavora presso il Centro Riabilitativo Villa delle Ginestre, Azienda Ospedaliera Provinciale di Palermo, Isabella Magoni lavora presso la Fondazione Teresa Camplani, Casa di cura Domus Salutis di Brescia, Lorena Magnaguagno, dell’AULSS 8 S. Bortolo di Vicenza, Monica Mantelli è infermiera presso l’Azienda Ospedaliera Nazionale SS. SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, Alessandria, Ilaria Rossi presso l’ Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze.
Sono loro, dieci infermieri specializzati in disfunzioni vescicali e provenienti da realtà diverse, che oggi hanno presentato a Napoli, in occasione del 42° congresso Nazionale SIUD 2018, il documento “BUONE PRATICHE PER L’INFERMIERE NELLA PRESA IN CARICO DELLA PERSONA CHE NECESSITA DI CATETERISMO INTERMITTENTE. La persona mielolesa come esempio paradigmatico” frutto di due anni di impegno e della loro esperienza diretta nel settore della mielolesione e del trattamento delle disfunzioni vescico-sfinteriche.
Se vi capitasse di chiedere a un paraplegico, che abbia dietro sé una lunga storia di lesione midollare, che cosa resti nella sua memoria dei primi mesi o anche dei primi anni immediatamente successivi al trauma, è molto probabile che ascoltereste una storia drammatica.
Quel paraplegico vi parlerà del trauma psichico nato dallo stupore prima e dallo sconforto poi per la perdita dell’uso degli arti, cercherà di descrivervi cosa significa avere al posto delle gambe due appendici insensibili si dilungherà sulla sconsolante prospettiva della vita su una carrozzina, della perdita dell’autosufficienza e della necessità di dipendere da altre persone e da ausili di vario genere. Soprattutto vi parlerà dell’irreversibile alterazione di molte delle sue funzioni cosiddette autonome, con il suo enorme carico di ansia, di depressione, di scoramento, della perdita di quel normale e automatico controllo delle funzioni intestinali, urinarie, sessuali, tanto scontato per la persona sana da non porci neppure mente.
Si apre così, con l’introduzione di Giuseppina Gibertini, il documento pensato per gli infermieri e per gli altri professionisti sanitari coinvolti nella presa in carico della persona che necessita di cateterismo intermittente e anche per i pazienti stessi e i loro familiari. L’obiettivo dell’elaborato è diventare uno strumento che permetta di svolgere al meglio la presa in carico della persona che necessita di cateterismo intermittente.
In poche pagine vengono fornite con precisione e puntualità alcune informazioni di base: l’anatomia dell’apparato urinario, le alterazioni vescico-uretrali, l’incontinenza e la ritenzione urinaria. Si continua poi con la descrizione di cosa sia il cateterismo vescicale e di come funziona l’autocateterismo. Molta attenzione è dedicata alla persona che subisce una lesione midollare e a come deve essere costruito il rapporto tra questa persona e l’infermiere che lo prende in carico, un rapporto che deve basarsi sulla fiducia e che aiuterà la persona ad affrontare al meglio le terapie necessarie alla sua riabilitazione.
Vengono approfonditi i temi dell’educazione sanitaria e vengono descritte le “Buone pratiche” da seguire e tenere sempre a mente nella presa in carico della persona che necessita di cateterismo intermittente: l’apporto idrico, la corretta gestione intestinale, la corretta igiene personale e ambientale, l’importanza del lavaggio delle mani e la corretta gestione farmacologica, con particolare attenzione all’uso di terapie antibiotiche.
La messa in atto di buone pratiche permette di prevenire effetti dannosi indesiderati - come ad esempio le infezioni urinarie - e di migliorare l’autosufficienza e l’indipendenza del paziente: questo miglioramento ha un effetto diretto sulla qualità di vita del paziente e di conseguenza sulla percezione del proprio stato di salute.
Nell’ultima parte vengono descritte le tecniche per la corretta esecuzione dell’autocateterismo e vengono analizzate le situazioni ricorrenti nel capitolo intitolato “Cosa fare se…”. Chiude il documento il paragrafo dedicato al rapporto tra il paziente e la società – scuola, lavoro, sport e un piccolo paragrafo dedicato alla fornitura del presidio.
È stato un traguardo e un grande riconoscimento per il gruppo ottenere il patrocinio FIC-Fondazione italiana continenza a riconoscimento del loro impegno.